La Bibbia: Libro di biblioteca o manuale di vita?

Intervista a don Giorgio Zevini, da Marco Mancini per la rivista «Ermes Education» num. 4, ottobre 2024.

In un mondo sempre più complesso e frammentato, la domanda di senso sembra risuonare con crescente intensità nel cuore di ognuno. La Bibbia, da sempre considerata un testo sacro, può offrire risposte e strumenti preziosi per affrontare questo interrogativo fondamentale. In questa intervista, don Giorgio Zevini, sdb, teologo e biblista, oggi decano e docente emerito di Nuovo Testamento presso L’Università Pontificia Salesiana, ci introduce nel mondo della Bibbia indicandoci come possa diventare una vera e propria guida educativa, in grado di accompagnare le persone di ogni età alla scoperta del proprio posto nel mondo.

L’intervista

  1. Qual è il ruolo della Bibbia nell’aiutare le persone, soprattutto i giovani, a confrontarsi con la domanda di senso che caratterizza il nostro tempo? In che modo le storie bibliche possono risuonare nelle nostre vite e offrire una prospettiva più ampia?

Ogni uomo, pellegrino sulla terra, credente o meno, si pone domande di senso sulla vita: perché il dolore, la sofferenza, la morte, cosa c’è oltre la morte. Anche i giovani di oggi si pongono domande e gridano alla Chiesa: “Continuiamo a vedere una Chiesa ripiegata su sé stessa e sui suoi problemi, mentre dentro di noi e attorno a noi preme una domanda di vita, di senso, di futuro” (P. Bignardi). Certo la Bibbia, che è un libro con un patrimonio ricco di sapienza e di umanità, può aiutare a dare risposte alla domanda di senso dell’uomo di oggi secolarizzato e smarrito, anzi le suscita e le provoca per illuminarlo. Tutta la tradizione giudaico-cristiana del mondo biblico offre modalità, itinerari e criteri per decifrare le grandi sfide del senso della vita e risponde agli interrogativi esistenziali con l’esperienza concreta di uomini e donne che incontrano e dialogano con il Dio di Abramo e il Dio vivente di Gesù Cristo. Tante sono le storie bibliche che possono illuminare e risuonare nella vita, specie di giovani smarriti del nostro tempo, e offrire proposte concrete di senso. Prendo, come esempio di storie bibliche, il racconto del giovane ricco che va fa Gesù e gli chiede cosa devo “fare per avere la vita eterna?” (Mt 19,16-22). E Gesù: “Osserva i comandamenti”. Poi aggiunge: “Se vuoi seguirmi, dona le tue ricchezze ai poveri e avrai la vita eterna in cielo”. Se si legge l’intero racconto si vede come Gesù nel dialogo educativo prima sollecita la domanda nel giovane, provocandolo a dare la sua risposta personale, poi lo invita a rispettare la tradizione antica e, infine, a fare una conversione di vita, che il giovane purtroppo non riesce a fare. La Bibbia offre una proposta alla domanda di senso, ma richiede coinvolgimento, disponibilità di cuore, incontro personale con un Dio che ci stimola e rispetta la nostra libertà. Nella Bibbia la comprensione del senso della vita è un evolversi graduale di tante storie umane fino al compimento nella persona di Gesù.

  • La Bibbia può essere considerata un vero e proprio manuale di vita?

Oggi la Bibbia, come ha detto Papa Francesco, rischia per il cristiano di essere “un libro da biblioteca”: libro da custodire in casa, ma che pochi leggono e conoscono, mentre si tratta di “Parola di vita da portare nel mondo”. Un buon cristiano, infatti, si distingue perché crede in Dio, conosce Cristo leggendo la Bibbia, fa crescere l’amore per il Signore e per i fratelli, vivendo la parola di Gesù raccolta nei Vangeli e consegnata ai propri figli. La Bibbia è una storia di amore che Dio ha rivolto all’umanità, espressa da tanti esseri umani che in essa hanno trovato il senso della propria vita. Naturalmente la Bibbia non va considerata come un “manuale” che raccoglie indicazioni o ricette pronte da applicare nel quotidiano. Ci parla dell’umanità, della sua origine e del suo destino. Presenta gli autentici valori che meritano di essere vissuti. Svela il volto di Dio e dell’uomo. Rivela il rapporto che deve esistere tra Dio e gli uomini. Nel Testo sacro vengono narrate le vicende di tante persone e, attraverso queste, viene offerto un modello di vita a ogni uomo che Dio chiama ad una vita di comunione con lui. Per il cristiano la parola della Bibbia è “la regola suprema della propria fede” che lo porta a scoprire la propria identità. Naturalmente, senza escludere che la Bibbia possa far scoprire i lineamenti esteriori della sua fisionomia a chiunque, solo all’uomo che ha fede e vive in comunione con la Chiesa, essa è comprensibile nella sua vera luce. In questo senso la Bibbia si può considerare un “manuale di vita”.

  • La Bibbia è un testo antico, ma il suo messaggio è ancora attuale. Come possiamo interpretarla in chiave culturale, tenendo conto del contesto storico e sociale in cui viviamo?

Certamente la Bibbia, il “grande codice” della civiltà occidentale, è un testo antico che appartiene alla letteratura umana, racconta la storia di Dio con il suo popolo e contiene un messaggio sempre attuale per l’umanità. Per gli Ebrei e i Cristiani la Bibbia è la “memoria” scritta delle loro origini e dalla loro vita: per gli Ebrei va da Abramo fino quasi a Cristo e per i Cristiani da Abramo fino allo scritto dell’Apocalisse. Leggendo la Bibbia ci si accorge che essa non è solo memoria di un passato, ma trasmette un pensiero destinato a tutti gli uomini, di tutti i tempi. Per ogni uomo in cammino c’è la possibilità di cogliere il suo lento evolversi culturale, la progressiva crescita del suo pensiero religioso, la variegata bellezza della sua letteratura che contiene la poesia dei salmi, le raccolte della sapienza e dei proverbi, il poema di Giobbe e il suo modo di fare storia. Si guarda al suo passato per dare un messaggio al futuro, per avere la forza di continuare a camminare e ad aspettare “un nuovo cielo e una nuova terra (Ap 21,1). Entrare nel mondo biblico è come penetrare in una grande e rigogliosa foresta con alberi secolari e giovani, un mondo di cose che appartengono al passato e al presente. Senza dubbio la Bibbia appartiene al genere letterario storico con la sua potenzialità e ricchezza artistica e sapienziale, racconta una storia con un “prima” e un “dopo”, ma precisa che il modo di narrare la storia di Dio con il popolo è teologico, non politico, né economico, né sociale, e sottolinea come Dio si rivela ed agisce negli eventi. Tutto questo richiede al lettore di oggi conoscenza storica e teologica, familiarità con il Testo sacro e coerenza di vita con gli insegnamenti biblici.

  • Nel Testo Sacro viene utilizzato un linguaggio spesso simbolico e metaforico. Come possiamo tradurre questo linguaggio in termini comprensibili per le persone di oggi, soprattutto per i giovani?

Il linguaggio della Bibbia, sia nell’Antico come nel Nuovo Testamento, è ricco di parole e di espressioni simboliche che cercano di interpretare l’esistenza con domande di valore e risposte di senso. Anche nelle religioni antiche, egiziane e assiro-babilonesi, il simbolismo era assai utilizzato e la tradizione giudaico-cristiana ne ha assimilato vari elementi simbolici. Per essere breve su questo tema di vaste proporzioni, mi limito al carattere simbolico e metaforico del vangelo di Giovanni, riconosciuto come tale da tanti esegeti, senza misconoscerne il valore storico. Ricordiamo anzitutto il detto fondamentale di Paul Ricoeur: “Il simbolo dà a pensare”, dato che in esso sono nascosti più sensi da svelare. Il simbolismo biblico, cioè, contiene una varietà di elementi, storia, significato e trascendenza. I miracoli, ad esempio, nel vangelo di Giovanni sono eventi storici, “segni” che rivelano un aspetto segreto della persona di Gesù, sono “apocalissi” che conducono alla fede. Giustamente è stato detto: “il messaggio del simbolo risiede nel suo carattere epifanico di presenza figurata, ma pienamente reale, del trascendente” (R. Mehl). Gli episodi del quarto vangelo vanno letti a due livelli: storico e simbolico. Penso ad alcune parole o espressioni giovannee che hanno questo duplice senso e che i giovani possono comprendere molto bene: seguire Gesù vuol dire camminare con lui; credere in lui, vuol dire diventare suo discepolo (1,37-38); l’acqua del pozzo di Giacobbe è simbolo del dono della parola di Dio (4,13-14)il tempio di Gerusalemme diventa per Gesù il tempio del suo corpo (2,19-21); la nascita fisica di Nicodemo rivela il mistero della nascita spirituale dell’uomo (3,5-8); la luce è simbolo della vita divina del Verbo (1,3-4) e così via.  Dice Antoine de Saint-Exupéry nel Piccolo Principe: “Non si vede bene che con il cuore; l’essenziale rimane invisibile agli occhi”. Il simbolo, dunque, è il legame tra le cose visibili e il cielo invisibile del Creatore.

  • In che modo possiamo mettere in pratica gli insegnamenti della Bibbia nella nostra vita quotidiana? Quali sono le sfide e le opportunità che incontriamo nel cercare di vivere secondo i valori cristiani?

Gli insegnamenti della Bibbia sono fondamentali per la vita del cristiano: “lampada per i miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino” (Salmo 119,105). La parola di Dio è davvero la bussola che deve guidare le scelte principali che orientano la vita quotidiana: rivivere, cioè, l’esperienza dei discepoli di Emmaus per incontrare Gesù risorto. Ogni uomo realista raccoglie nella custodia del suo cuore quello che egli ritiene prezioso per la vita e lo custodisce con cura. Così il cristiano deve custodire con cura e vigilanza la parola di Dio nel suo intimo senza mai perderla. Essa può essere portata via da ogni mentalità mondana con la quale il diavolo ci insidia: vivere in solitudine, nell’egoismo e nell’autosufficienza orgogliosa ci rende insoddisfatti e infelici. Il Vangelo, invece, è un tesoro prezioso da custodire. E il Signore ci fa questo dono non solo per noi stessi, ma per ridonarlo con la nostra testimonianza agli altri: essere “vangelo vivo” che chiama ogni uomo all’amicizia con Cristo. Oggi non sono più le strutture e le opere che aprono il cuore umano alla conversione a Dio, ma i modelli di vita fondati sulla parola di Dio. Il modello che la Chiesa oggi ci offre con la Bibbia è il cammino della lectio divina. È l’ascolto del testo biblico nello Spirito Santo fatto a tappe: leggere, meditare, pregare, vivere la parola di Dio che interpella, orienta, plasma l’esistenza. Questa prassi vissuta, come dice papa Benedetto XVI, “recherà alla Chiesa una nuova primavera spirituale”, di cui tutti abbiamo bisogno.

  • In un mondo segnato da sofferenza e ingiustizia, la Bibbia offre un messaggio di speranza. Quali sono le fonti che ci rimandano ad essa?

Certamente viviamo in un mondo lacerato da sofferenza e ingiustizia. È sufficiente aprire ogni giorno i giornali e i mezzi di comunicazione per rendersene conto di persona. Anche la Bibbia, che è un libro che contiene vicende umane e divine, ci parla di dolore, di guerre e di tanti mali, ma nello stesso tempo è ricca di messaggi di speranza. È protesa verso il futuro messianico e orienta verso la pienezza di vita al termine della storia, quando la speranza si aprirà fiduciosa all’incontro finale con Cristo (cf Ap 22,20). Per il cristiano la speranza nasce dal cuore di Gesù trafitto sulla croce. San Paolo ci dice che siamo stati riconciliati da Dio per mezzo della morte di Gesù e salvati mediante la sua vita (cf Rm 5,10). Essa si fonda sulla fede, è nutrita dalla carità ed è sostenuta dalla grazia divina, L’apostolo Paolo sa bene che la vita è fatta di gioie e di dolori e che l’amore è messo alla prova nelle difficoltà, eppure afferma che “la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza” (Rm 5,3-4). Una fonte esemplare è la parabola del grano e della zizzania (cf Mt 13,24-30). Nel campo, grano e zizzania, buoni e cattivi, crescono insieme. La speranza sa attendere il momento in cui Dio interverrà con il giusto giudizio. Tale è la pedagogia evangelica: una guida educativa per il cristiano di oggi. Per questo noi cristiani siamo saldi nella speranza e facciamo nostro il pensiero di san Paolo: “Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo” (Rm 15,13).

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